Oggi vi parliamo di Panic, brano dei The Smiths datato 1986, che affonda il suo significato nella rabbia verso una scena musicale che ha perso la propria funzione comunicativa.
Uscita lo stesso anno del loro disco capolavoro “The Queen is Dead”, Panic nasce in un momento delicato per il mondo intero.
A gennaio lo Space Shuttle Challenger esplodeva al decollo, togliendo la vita ai 7 astronauti a bordo e strappando agli americani l’ottimismo per quel programma spaziale che stava ridefinendo i confini del mondo.
E mentre gli aerei a stelle e strisce bombardavano Tripoli, in aprile nella piccola cittadina ucraina di Pryp’jat’ si consumava il più grave degli incidenti nucleari mai avvenuti: quello di Chernobyl. Nel frattempo le classifiche musicali britanniche erano dominate dalle sognanti sonorità synth pop e dai danzerecci ritmi disco degli 80s.
Un pomeriggio di fine aprile del 1986, Morrissey e Johnny Marr, rispettivamente frontman e chitarrista dei The Smiths, stavano ascoltando un servizio radiofonico della BBC in merito agli avvenimenti di Chernobyl. Il disastro nucleare era avvenuto da pochi giorni e l’Europa intera era avida di conoscere quelle poche informazioni che trapelavano con il contagocce dalla cortina di ferro sovietica. I due ascoltano il DJ della BBC che racconta quando avvenuto nella cittadina ucraina e poi, con noncuranza, annuncia e lancia un brano disco dei Wham!
Questa scelta infelice genera frustrazione nei due, soprattutto in Morrissey, che riflette su quanto la musica sia diventata distante dalla vita reale delle persone.
Morrissey scrive quindi un testo in cui parla della contraddizione tra il panico per una catastrofe imminente (che invade le città inglesi) e la musica suonata nelle discoteche britanniche. Il testo sfocia nella violenta proposta di “bruciare le discoteche” e “impiccare il povero DJ” perché “la musica che suona non rappresenta la mia vita”.
Il palese e aggressivo attacco verso la musica disco, prevalentemente proposta da artisti di colore, venne visto come un attacco razzista da molti critici musicali, come ad esempio Paolo Hewitt, che all’epoca scriveva per NME, la più importante rivista musicale britannica. Johnny Marr ha rigettato tali accuse, e anche Morrissey ha sempre pubblicamente smentito questa interpretazione della canzone.