Fabrizio de André scrisse questa canzone, ispiratagli dalla storia di uno zio che fu deportato nei campi di concentramento, nel 1963, e il brano divenne in breve tempo un vero e proprio inno pacifista e contro la guerra, al punto di diventare una delle canzoni di protesta delle rivolte giovanili del ’68.
La canzone narra la storia di un soldato, Piero per l’appunto, che, stanco degli orrori della guerra, viene colto da un attimo di umanità che gli costerà la vita: di fronte a un soldato “nemico”, esiterà a sparare, dando il tempo all’altro di farlo. Gli ultimi istanti di vita di Piero sono dedicati al pensiero della sua amata, Ninetta, con cui avrebbe preferito restare, invece che dover partire al fronte a morire.
Con questa ballata in endecasillabi, De André vuole denunciare l’assurdità della guerra, la disumanizzazione e la desolazione che crea. Due ragazzi che condividono molto più di quanto li separi sono resi nemici dalle circostanze politiche e trasformati in macchine per uccidere. A uscire sconfitto sarà colui che mostrerà più umanità, e che esiterà a premere sul grilletto vedendo nel “nemico” un suo simile.
Ma Piero non è un vero sconfitto, anzi: rifiutando di prestarsi al gioco insensato della guerra, torna ad essere un ragazzo umano, il che fa di lui il vero eroe in un’epoca in cui di umano è rimasto ben poco.
LA GUERRA DI PIERO, FABRIZIO DE ANDRÉ
Posted on by Outsider
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